10 maggio 1933: il rogo dei libri di Berlino

La notizia-denuncia della ‘censura’, che ha subito scatenato reazioni, è arrivata da Paolo Nori, scrittore chiamato per tenere le lezioni:

“Stasera ricevo questa mail che dice: “Caro professore questa mattina il prorettore alla didattica mi ha comunicato la decisione presa con la rettrice di rimandare il percorso su Dostoevskij. Lo scopo è quello di evitare ogni forma di polemica soprattutto interna in quanto momento di forte tensione. Ecco, censurare un corso… Oggi non solo essere un russo vivente è una colpa oggi in Italia, ma anche essere un russo morto, ma che quando [Dostoevskij] era vivo nel 1849 è stato condannato a morte per aver letto una cosa proibita. Quello che sta succedendo in Ucraina è una cosa orribile e mi viene da piangere solo a pensarci. Quello che sta succedendo di conseguenza in Italia, molte cose, non tutte, ma queste cose qua sono cose ridicole. Una università italiana che proibisce un corso su Dostoevskij per la situazione ucraina è una cosa che io non ci credevo, quando ho letto questa mail non ci credevo”.

Dopo la denuncia sul web e la figura misera, anzi miserrima dell’accaduto verso l’opinione pubblica si è cercato di porre ai ripari. Il Sindaco di Milano Sala per esempio ha parlato inizialmente di malinteso ( e non è il solo):  ”È un errore cancellare un corso, ma ho sentito il rettore e mi ha detto che le cose non stanno così”.

Dato però per scontato che lo scrittore non è un cretino e visto che la comunicazione con l’università è avvenuta in forma scritta (via mail per la precisione) e come dicevano i latini: verba volant, scripta manent  all’agenzia Lapresse il Sindaco Sala dichiara: “La rettrice della Bicocca , Giovanna Iannantuoni, che ho sentito al telefono, mi ha detto che le cose non stanno così, che non è stato cancellato nessun corso. Ma proprio qualcuno lì ha sbagliato. Ritengo sia un errore cancellare un corso del genere”. Insomma qualcosa non torna infatti: “qualcuno lì ha sbagliato“. Quel qualcuno potrebbe diventare Nessuno. Mentre la rettrice della università la Bicocca parla di malinteso.

Ma la di là dei finti malintesi e della vera censura quello che inquieta è il segnale di psicologia e cultura di guerra che ha già pervaso parte del nostro Paese e il diffondersi della russofobia in Italia e nel mondo come stupida conseguenza del conflitto in Ucraina.

Lo dimostra un’altra censura ridicola e tragica: l’annullamento della mostra di fotografi russi Al festival di fotografia europea di Reggio Emilia.

Motivo? “Per affermare con fermezza il diritto dei popoli a vivere in pace”. L’annuncio viene da una nota ufficiale dei promotori: “Stante la terribile guerra in atto, la Fondazione Palazzo Magnani e il Comune di Reggio Emilia, organizzatori del Festival che prevedeva la Russia come paese ospite dell’edizione 2022, hanno deciso di annullare la mostra Sentieri di Ghiaccio e gli eventi correlati dedicati alla cultura russa”.

Nel frattempo uno di questi fotografi, Alexandr Gronskij, viene catturato a Mosca per aver manifestato contro la guerra!”
È quanto scrive su Facebook lo scrittore Raul Montanari, dopo che l’università Bicocca aveva cancellato il corso su Dostoevskij di Paolo Nori. E chiosa così: “Dalla Bicocca arriva la retromarcia. La rettrice Iannantuoni spiega: «Nessuna censura, il corso si terrà come previsto. Ho invitato Nori per un caffè in rettorato e lui ha accettato. C’è stato un malinteso in un momento di grande tensione. Dall’idea di questa università non c’è niente di più lontano della censura». 
Visto che protestare serve a qualcosa? Poi siamo italiani, finisce sempre tutto in una tazzulella di caffè”.

Quindi non sottovalutiamo ciò che è avvenuto e auguriamoci che non tutto il mondo culturale sia sull’attenti e allineato a questa cultura di guerra e di censura. Dopo il gran polverone sollevate, delle smentite, correzioni e distinguo questi gli aggiornamenti di queste ore:

Caso Nori: lo scrittore, corso su Dostoevskij non in Bicocca, lo farò altrove.

Il corso sui romanzi di Fedor Dostoevskij “non si fa in Bicocca perché il prorettore ha detto che voleva riorganizzare il corso diversamente dagli accordi presi” e che “avrei dovuto inserire anche degli autori ucraini. Io gli ho risposto che non mi sembra sensato il fatto che se parli di un autore russo devi poi parlare anche di un autore ucraino. È una cosa inedita per me in letteratura. Io ho ritirato la mia disponibilità perché non conosco la lingua e autori ucraini. Immagino lo faranno con qualcun altro“. Così lo scrittore Paolo Nori intervenuto a Forrest su Rai Radio1 in merito alla decisione dell’ateneo milanese sul corso che avrebbe dovuto tenere sui romanzi dello scrittore russo. “Ieri e l’altro ieri ho ricevuto inviti per il corso su Dostoevskij da tutte le parti, circa una quarantina: li stiamo valutando e sceglieremo dove andare. Questo corso si farà ma – precisa ancora – non alla Bicocca“.

Come afferma il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni in un intervista a Today. “Quello che è accaduto all’ateneo della Bicocca con il corso su Dostoevskj negato allo scrittore Paolo Nori è una vicenda disarmante e temo che faccia parte di un clima generale, quello che ho definito in questi giorni il “clima della chiamata alle armi. L’Italia rischia di diventare un Paese che assume, fino in fondo, come unico spazio possibile, quello della dialettica amico-nemico, il nemico diventa nemico assoluto e si finisce persino per trattare da nemici, non solo i russi in quanto tali e la cultura russa, ma qualsiasi cosa abbia a che fare con la Russia. Non conta più il regime che guida la Russia e che ha deciso l’invasione dell’Ucraina. Si finisce per prendersela perfino con la cultura russa”.

 

 

Giovanni Parrella

 

 

 

 

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