I miei genitori e i loro amici parlavano dell’Iran come di un figliol prodigo, e discutevano animatamente del suo benessere. Nel corso degli anni l’Iran divenne per me un simbolo di identità: era il luogo dov’ero nata e vissuta, era la lingua che parlavo, il cibo che mangiavo, ma allo stesso tempo era un concetto mitico, un insieme di virtù e di valori, un simbolo della resistenza e del tradimento”.

Ne “Le cose che non ho detto” la scrittrice iraniana Azar Nafisi ci racconta il suo Iran attraverso la storia della sua famiglia e in particolare dei suoi rapporti con la madre e il padre. L’autrice – resa celebre dall’apprezzato romanzo “Leggere Lolita a Teheran” – apre il suo cuore al lettore mettendo a nudo l’intimità della sua relazione con due genitori particolari, peraltro personaggi pubblici nell’Iran del tempo dello Scià.

Attraverso il racconto autobiografico Nafisi riesce a cogliere e a restituire al lettore le atmosfere e il contesto storico e sociale di un paese travagliato da tormenti politici, da rivoluzioni e da ingerenze straniere. La narrazione privata di Azar si intreccia indissolubilmente con le vicende del suo paese, Persia prima, Iran poi.

Quasi a voler tracciare un forte parallelismo fra lo Stato totalitario e la famiglia, intesa in senso generale, dove si consuma un diverso eppure simile contesto dispotico. Il turbolento rapporto di Azar con sua madre non avrà fine se non con la morte della genitrice, mentre il più affettuoso e complice rapporto con il padre sarà in qualche misura minato dalle scelte sentimentali dell’uomo. Eppure, nonostante il solido filo rosso del racconto familiare, il libro sembra costantemente incentrato sulle vicende politiche iraniane. La penna dell’autrice si fa strumento per rappresentare al mondo il complicato assetto sociopolitico di una nazione con forti aspirazioni di leadership nel Medio Oriente e che nel corso degli anni ha finito per essere marginalizzata proprio dalle spinte rivoluzionarie che l’hanno ingabbiata in un regime teocratico violento e spesso ambiguo.

Allora la voce di Azar Nafisi si alza forte a raccontare quel mondo, e se per farlo occorre mettere in piazza gli affari privati della sua famiglia, l’autrice lo fa, con coraggio, tenendo fede a una promessa fatta a sua madre che, alla vigilia di ogni sua partenza per convegni all’estereo, la invitava a raccontare a tutti quello che succedeva in Iran.

Durante la Rivoluzione avevo capito quanto fosse fragile la nostra esistenza, e con quanta facilità tutto ciò che chiamiamo casa, che ci da un senso di identità e di appartenenza, può esserci portato via. E ho capito che quello che mio padre mi aveva insegnato con l’immaginazione era un modo per costruirmi una casa oltre i confini geografici e le nazionalità, che nessuno potrà mai portarmi via”.

Articolo di Beatrice Tauro

Titolo: Le cose che non ho detto

Autrice: Azar Nafisi

Edizioni: Adelphi Edizioni, 2009

Pagine: 332

Prezzo: € 19,50

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