Pubblicato nel 1967, “La stagione della migrazione a nord” viene considerato il capolavoro dello scrittore sudanese Tayeb Salih. Un romanzo basato sulle dicotomie, sulle contrapposizioni, la prima delle quali è proprio quella fra i protagonisti.

Io narrante e Mustafa Sa’id. Mustafa Sa’id e io narrante.

Una storia speculare. Una storia di contrapposizioni, la più forte delle quali è quella fra la vita e la morte.

La lettura di questo libro è pervasa da un sentimento di angoscia e di impotenza di fronte al protagonista, l’io narrante senza nome che viene risucchiato nella storia di Mustafa Sa’id, suo alter ego. Man mano che scorrono le pagine il lettore non sa più se quella che sta leggendo sia la storia dell’uno o dell’altro.

Mustafa Sa’id è uno che nella vita ha sempre scelto, nel bene o nel male. Al contrario, l’io narrante non sceglie ma subisce il proprio destino, tranne che nel finale della storia, quando nella dicotomia fra vita e morte sceglie la vita.

Galleggiavo sull’acqua ma le appartenevo. Pensai che se fossi morto in quel momento sarei morto come ero nato, senza la mia volontà”.

Nel romanzo sono presenti molti temi: quello della partenza e del ritorno, con le implicazioni che l’una e l’altro generano in chi le vive. La partenza come distacco dal conosciuto e avvicinamento all’ignoto. Il ritorno come avvicinamento a ciò che si conosceva ma che il tempo e lo spazio hanno reso ignoto. Allora lo spaesamento è la sensazione più forte che prova chi ritorna, costretto a fare i conti con una realtà diversa da quella lasciata.

Interessante anche il tema del colonialismo:

Il prefetto inglese del distretto era un dio onnipotente in un lembo di terra più grande di tutte le isole britanniche messe insieme. (…) Si comportavano come dei. Usavano noi piccoli funzionari del luogo per riscuotere le tasse, e la gente si lamentava di noi e ci accusava al prefetto inglese. (…) Così inculcarono nei cuori della gente l’odio per noi, figli del paese, e l’amore per loro, colonizzatori stranieri

Altro tema interessante è quello della condizione femminile. La questione delle mutilazioni genitali femminili e dei matrimoni combinati ne sono un esempio, così come la contrapposizione con le donne “libere” dell’Europa. L’immagine della donna europea che emerge dai racconti di Mustafa Sa’id è quella di sottomissione emotiva e dei sensi. Donne perse nell’oblio dei piaceri carnali ai quali sacrificano la loro vita. Un’immagine alquanto disturbante.

Siamo di fronte a un romanzo che a suo tempo è stato definito un capolavoro, e che di sicuro ha il pregio di aver sdoganato quell’orientalismo da “Le mille e una notte” che etichettava la produzione letteraria araba nel passato. La storia che ci racconta Tayeb Salih potrebbe avere protagonisti non arabi e reggere ugualmente, i contesti potrebbero essere diversi e comunque veritieri. In questa universalità risiede il principale merito di questo romanzo.

 

Articolo di Beatrice Tauro

 

Titolo: La stagione della migrazione a nord

Autore: Tayeb Salih

Editore: Sellerio, 1992 (Fuori catalogo)

Pagine: 188

 

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