La Resistenza è Madre e Figlia.
Figlia di Dolore e Madre di Speranza.
È Una Madre che piange sua Figlia, è una Figlia che si immola per sua Madre.
Questa è la dialettica che ha ferito la Natura Umana nella sua più tragica delle congiunture storiche.
“Ho creduto di impazzire. Ma non si impazzisce”
(Resistente Anonima, Polonia)

Nella più atroce barbarie della nostra Storia, difatti, negli ultimi anni, si svelano man mano, e sempre più degnamente riconosciuti, nomi e cognomi di Madri e Figlie, che proprio nella barbarie hanno costruito con il loro corpo martoriato e la loro ferrea e lucida volontà la Grande Anima indenne di tutte le Donne che dopo di loro, ogni volta, di fronte alla barbarie, al sopruso contro i più esposti, all’ingiustizia sociale, materiale e morale, scelgono di non avere paura.

Scelgono, lottano e cambiano, anche senza approvazione, sfidando le borghesine malelingue, lasciando figli, genitori, mariti e padri, e sputando il sangue per costruire ciò che sarà per le Figlie del futuro la loro legittimazione e il terreno di scontro per sempre più avanzati Diritti Sociali pari agli uomini.

Senza di loro, non sappiamo come saremmo state iniziate, Donne noi, nate in Europa.

[…] “perdi una figlia che non ti apparteneva, perché apparteneva prima di tutto alla Grecia. Con la mia morte diventano tue tutte le figlie di Grecia, e tu diventi mamma del mondo intero, di tutti i popoli che combattono per la libertà, per la giustizia e l’umanità.
[…]
Alla mia tomba, portate, quando potete, fiori rossi.
Null’altro. E battete con ogni mezzo la barbarie…”
(Dimitra Tsatsou, Resistente della Tessaglia, arrestata il 28 febbraio 1943, torturata e fucilata in strada il 12 marzo 1943).

Dalla dialettica invertita dalla barbarie, nasce la nuova Patria, dalla quale essa sarà ovunque bandita.

Questo è il messaggio di ogni ultima parola delle nostre Madri, la presa di coscienza che il proprio ruolo storico trapassa ogni altra priorità.

Probabilmente non abbiamo imparato molto, noi donne e uomini del ventunesimo secolo.
Siamo di nuovo velocemente in un percorso inverso e pericoloso, senza dar peso al fatto che il terreno di scontro, che man mano ci viene di nuovo chiuso, sarà riaperto ancora solo e soltanto con grande dolore e che non verrà risparmiata a nessuno la fatica di ripercorrere in salita la lunga discesa agli inferi che quotidianamente ormai accettiamo senza più neppure un brivido di coscienza, o quantomeno di inquietudine.
Senza più cenno di reazione.

“Portateci nel cuore” ,”Lettere di condannate a morte nella Resistenza europea” a cura di Chiara Meier Colombo, Giovanni Parrella, Ada Perla”.
(4 Punte Edizioni – Collana “Le Rocce”) è una raccolta di lettere o parole scritte nelle ultime ore di vita delle Resistenti europee, dopo aver subito persecuzioni, arresti, barbare torture, sevizie, fame, lutti, delazioni… scritte con inchiostro su carta e con il sangue nelle celle della galera.

“Portateci nel cuore” , è una Figlia che si prende cura del Cuore della Madre, affinché non esploda di dolore, ma si mantenga sano per le Nipoti e i Nipoti del Suo Dovere.
Nessuno si sacrifica:
-“Sono sola. Attendo la condanna. Penso che mi fucileranno. Ma vorrei vivere ancora.”
(Ljudmila Filippova, URSS.
Arrestata il 20 agosto 1943, orribilmente torturata, venne giustiziata il 9 settembre 1943)-
Ma qualcuno ogni volta compie “solo” tutto il proprio dovere… con serenità, con paura, con affetto, con fierezza o con rassegnazione, ma sempre con infinito Rispetto verso ciò che lascia, verso tutta la vita che si lascia, verso la propria carne, verso il sangue del proprio sangue, verso la vita come tutto ciò che si ha, con gratitudine e impegno, con la dignità ferita o fiera di chi sa che il dolorosissimo testimone avuto in sorte sarà passato come dovuto.

Dovuto anche e proprio per il grande Rispetto del prezzo che ha richiesto.

“Con le nostre ossa e i nostri cadaveri edifichiamo un nuovo mondo, dove gli uomini vivranno da uguali e avranno tutti i diritti…e sarò felice persino nella fossa quando verrà quel giorno per il quale ho donato la mia vita”
(Anka Knezevic, Jugoslavia.
Resistente comunista nata in Montenegro, arrestata il 23 dicembre 1943. Torturata dalla Gestapo e dai collaborazionisti nazisti locali, e fucilata nell’Aprile 1944).

“Muoio sicura di aver fatto quanto mi era possibile…”
(Irma Marchiani “Anty”, nata a Firenze, partigiana sull’ Appennino Modenese, catturata, processata e fucilata il 26 novembre 1944).

Questo tipo di Rispetto e di grande lucidità sono il filo rosso delle lettere delle Resistenti, raccolte in questo libro sano, prezioso e sobrio, quindi non comune nei nostri rumorosi, tristi e grotteschi anni. Un faro per una lunga notte senza luna.

Una raccolta studiata con grande cura di particolari e di peculiarità che il lettore attento e sensibile coglie al volo per comprendere meglio la Madre di cui è Figlio/a.

Difatti, come esempio, nelle lettere delle Resistenti dell’Europa occidentale e centro orientale nel doloroso dovere solitamente traspare una maggiore serenità.
Ne possiamo quindi riconoscere una congiuntura storica affine.

Invece allo stesso grande Rispetto, troviamo spesso una grande fierezza nella richiesta di vendetta, verso chi rimane, più ci addentriamo nelle tenebre dell’orrore più indicibile e assoluto subito dai popoli dell’Europa orientale, fino alla Russia, da parte dei carnefici nazifascisti.

Nelle ultime parole delle Resistenti russe, rumene, ucraine, croate, serbe, montenegrine, compare spesso questa richiesta, non solo umana, propria e contingente, ma universale per un futuro libero, per una Patria salva, sana, e soprattutto in ogni modo vigile, affinché mai più vittima della peste nazifascista.
“Non sono sola. Vendicate la mia morte. Con noi è la Patria…”
(Elena Konstantinovna Ubijvovk,URSS.
Partigiana del Komsomol, organizzazione giovanile comunista. Fucilata il 26 maggio del 1942).

In questa Raccolta, curata da Chiara Meier Colombo, Giovanni Parrella e Ada Perla, con una solida ricerca storica alla base, vi è una grande “attenzione” fatta di forza e sobrietà, severamente rispettosa della vita e della morte delle persone, e in ogni sua pagina, con rigore storico e umano, leggiamo, attraverso la grande lucidità della vita, della morte e delle ultime parole delle Resistenti, il più lineare paradigma storico che ci possa riguardare, ovvero quello della più grande barbarie che la ferocia Capitalista abbia mai concepito:la belva nazifascista, di cui la Donna, di cui la Madre, ne è vittima costante.
Vittima “legittima” in quanto unica in grado di mettere al mondo carne da macello e da cannone , o al contrario donne e uomini sani, liberi e quindi coscienti dei propri e altrui diritti, perciò indenni alla barbarie, quindi non idonei ad una bocca sempre fagocitante.

La Donna/Madre, diviene così corpo da tenere sotto controllo con ogni mezzo, con la Legge e non solo, affinché operi in linea con le esigenze del Capitale, perciò anche “legittimamente” sopprimibile in ogni caso di insubordinazione.

La tutela imprescindibile del Corpo delle Donne riguarda tutta l’umanità che capisce la differenza tra essere carne da macello o donne e uomini coscienti dei propri diritti rapinati da un sistema che si nutre della vita e della morte di chi lavora. Quindi riguarda chiunque sia interessato ad essere libero/a.

Chiudendo il cerchio della fragilità e della capacità di Resistenza Umana, di questa grande ricchezza che chiede spesso una posta altissima,
“Ho creduto di impazzire. Ma non si impazzisce.”
(Resistente ignota, Polonia)
Colpisce in pieno, senza retorica, un essere umano ridotto a bestia.

Perciò, di fronte alla natura umana umiliata a tal punto da perdere il valore della vita, della dignità e della rivalsa contro il sopruso, la Resistenza è unica Madre, quindi unica Vita per definizione, altrimenti quando vince la sopravvivenza perde la Vita.
E di fronte a questa condanna insita nella natura umana, durante le epoche più buie e violente, in tante e tanti sono costretti a scegliere e a misurarsi con tutto ciò che in congiunture più fortunate si può solo conoscere e che si dovrebbe quantomeno valutare come di proprio interesse, come identitario intimo e collettivo, come gene proprio e non come se riguardasse “gli altri”…di altre epoche, altri mondi, di altro spessore…

L’Europa odierna, caduta di nuovo nell’assenza di democrazia, nelle mani di un colonialismo straniero che stavolta ne chiede di nuovo definitivamente la testa, attraverso le decisioni di Istituzioni sovranazionali investite di pieni poteri, ma non legittimate né democraticamente, né storicamente, né moralmente, ha dimenticato le sue radici, è Madre e Figlia indegna di quanto si può leggere e conoscere di chi, da Madre orfana della propria Figlia , è divenuta Madre del mondo intero.

Ottanta anni sembrano pochi per dimenticare, ma nella Storia sappiamo benissimo essere sufficienti per regredire anche qualche secolo.
Tanto da pensare con indignazione che forse il corpo martoriato di quella Figlia e Madre, che ci ha dato al mondo con gli occhi della consapevolezza che ad oggi sembra perduta, sia stato solo il prezzo pagato per una battaglia vinta…

La Storia ha Tempo per tutto e per tutti, a patto di farla però, ovvero di assumerne di nuovo, ogni volta che si perde, la consapevolezza e la responsabilità che comporta, di prendersi di nuovo sulle spalle il pesantissimo fardello di tutte le Madri del mondo.

Articolo di Ilaria Teofani

 


“Portateci nel cuore – “Lettere di condannate a morte nella Resistenza europea”
A cura di Chiara Meier Colombo, Giovanni Parrella, Ada Perla”.
Anno 2023, Euro 14,004 Punte Edizioni – Collana “Le Rocce”

Di admin

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *