Contro ogni pronostico e contro l’intero apparato politico ed economico della città, Zohran Mamdanisocialista, figlio di migranti, attivista del Queens — ha conquistato le primarie democratiche per la carica di sindaco di New York.
Una vittoria che segna non solo una svolta elettorale, ma una frattura storica nel cuore dell’impero finanziario mondiale.

 

Chi è Zohran Mamdani

 

 

Nato a Kampala, Uganda, nel 1991 da padre ugandese e madre indiana, Mamdani è cresciuto tra i mondi della diaspora e della lotta. Dopo l’infanzia trascorsa in Sudafrica, la sua famiglia si è stabilita a Astoria, Queens, quartiere

operaio e multiculturale che oggi rappresenta la base viva del suo progetto politico.

Prima di entrare in politica, Mamdani ha lavorato contro gli sfratti e per la giustizia abitativa, mettendo radici tra chi subisce sulla propria pelle le disuguaglianze prodotte da decenni di politiche neoliberali.
Nel 2020, la su

a prima impresa: sconfiggere l’establishment democratico nel suo stesso distretto, entrando all’Assemblea dello Stato di New York.

Una vittoria che rompe il sistema

Il 24 giugno 2025 Mamdani ha sconfitto il vecchio potere, battendo l’ex governatore Andrew Cuomo con il 56,4% dei voti.
Una campagna portata avanti porta a porta, con il sostegno dei Democratic Socialists of America e del Working Families Party, costruita sulla forza di migliaia di volontari e sul rifiuto del denaro delle grandi corporation.

Il messaggio è chiaro: New York non appartiene ai miliardari di Wall Street, ma alla sua gente.

Un programma per ribaltare le priorità

Il piano di Mamdani non è un elenco di promesse elettorali: è una visione di città liberata, che rimette al centro il diritto alla vita degna, alla casa, al tempo, all’educazione.

Tra le sue proposte principali:
Trasporto pubblico gratuito per tutti: il diritto alla mobilità non si paga.
Congedo parentale universale e retribuito, perché la cura è lavoro sociale.
Congelamento degli affitti e difesa degli inquilini contro la speculazione.
Tassazione progressiva: chi ha di più, paga di più.
Riforma radicale della sicurezza pubblica, con tagli ai fondi della polizia e investimenti nelle comunità.
Istruzione superiore gratuita per tutti i residenti della città.

È un programma che parla di redistribuzione, giustizia e solidarietà, in aperto contrasto con decenni di privatizzazioni e disuguaglianze crescenti.

 

Sotto attacco, ma senza arretrare

Come ogni figura che rompe con l’ordine dominante, Mamdani è già nel mirino dei poteri forti.
Gli hanno dato del “sognatore”, dell’“irresponsabile”, dell’“estremista”.
Ma la verità è che la sua candidatura mette in discussione il modello stesso su cui si regge New York — e con essa, l’intero sistema urbano globale basato sul profitto e sull’esclusione.

Non ha esitato a denunciare pubblicamente la guerra genocida contro il popolo palestinese, durante una veglia a Union Square, rompendo il silenzio complice della politica americana.
Le sue parole hanno suscitato reazioni furiose da parte dei difensori dello status quo, ma anche un’ondata di solidarietà internazionale.

 

Verso novembre: una battaglia aperta

In vista delle elezioni generali del 4 novembre 2025, Mamdani si prepara a sfidare il repubblicano Curtis Sliwa e l’indipendente Andrew Cuomo.
I sondaggi lo vedono in testa, con un sostegno fortissimo tra giovani, lavoratori, comunità migranti e movimenti sociali.

La sua campagna è ormai un movimento: una New York per tutti, non per pochi.

 

Perché ci riguarda

La vittoria di Zohran Mamdani non è solo una storia americana. È il segnale che un’altra politica è possibile, anche nelle metropoli dominate dal capitale e dalla paura e che oltre ai soldi possono decidere le sorti politiche di un candidato se alle spalle c’è una organizzazione costituita di persone in carne ed ossa che volantinano, che conducono la campagna elettorale anche con il porta a porta parlando e confrontandosi con gli altri concittadini.

È così che da New York a Milano, da Londra a Parigi, si apre una breccia nel muro dell’austerità e del profitto.

Se vincerà a novembre, New York potrebbe diventare il primo grande laboratorio socialista del XXI secolo, un modello concreto di lotta, solidarietà e trasformazione sociale.
E la sinistra globale potrebbe avere un faro acceso nel cuore dell’impero.

Di admin

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